LA CAVILHOLO (O CRINO)
Una leggenda popolare narra che il gioco della Cavilholo fu portato da Abbadia Alpina (Pinerolo) fino a San Martino (Perrero), andando avanti con il gioco su tutto il tragitto.
Sembra che, fin dai secoli passati, il gioco si svolgesse a Pasqua, una sola volta all’anno nell’antico borgo di San Martino (val Germanasca), dai giovani più forti ed agili, divisi in due squadre. Iniziava dopo le funzioni pomeridiane, intorno alle 16, in un prato sopra il borgo di san Martino, fra le Borgate Salengo e Giordanengo. In passato aveva per palio una brenta di vino o una scrofa (crino); negli anni più recenti in cui era ancora stato fatto il gioco, più democraticamente, si dava un fiasco di vino.
Regole
I giocatori delle due squadre si muniscono ognuno d’un pezzo di legno lungo circa 40 cm forgiato a Y, con tre punte appuntite, sotto la guida di un capogioco munito d’un rustico bastone di legno, ch’egli, dal punto di partenza, lancia il più lontano possibile nel prato antistante ad una grangia del luogo.
Segue il lancio delle singole cavigliole, fatte roteare verticalmente, nella direzione del bastone. Quindi l’organizzatore del gioco verifica la posizione di quella più vicina e di quella più distante dal bastone, ad esse pratica una intaccatura. Quando dopo numerose prove una cavigliola ha ottenuto il numero predisposto di tacche la squadra cui essa appartiene viene dichiarata perdente e dovrà perciò sottostare al pagamento della posta in gioco.
Si racconta che durante la prima guerra mondiale, quando i giovani erano tutti al fronte, furono le ragazze a giocare e che, nel 1944, durante un rastrellamento dei tedeschi, non si volle comunque desistere. Tanto impegno e così singolare costanza erano volti ad evitare che il paese perdesse il diritto di bandire il gioco: ciò sarebbe accaduto, infatti, se si fosse lasciata trascorrere una domenica di Pasqua senza farlo.